Questo
post si basa su tre articoli
Il
primo2
è pubblicato su
the
conversation
https://theconversation.com
una
fonte indipendente di notizie, analisi e opinioni di esperti, scritte
da accademici e ricercatori e distribuite direttamente al pubblico a
titolo gratuito. Sono profondamente in debito con questa fonte che,
negli ultimi anni, mi ha fornito un gran numero di spunti di
riflessione.
Il
secondo3 compare su «The Guardian».
Ulteriori
dati sono riportati in un recentissimo articolo di Wired.it4
In
questi giorni siamo tutti comprensibilmente concentrati sulla
tragedia umana (oltre che politica) che si consuma in Ucraina e, ovviamente, sulla nostra poco avveduta dipendenza da due combustibili fossili (petrolio e gas costituiscono il 70% dei nostri consumi e sono quasi tutti importati)1
Tale
dipendenza e il conseguente aumento del costo dell’energia (costo
che, in definitiva, finanzia la macchina bellica russa) hanno fatto
scivolare sullo sfondo i piani europei per la transizione ecologica,
che nel nostro Paese già procedeva molto a rilento. In Italia sono
state tirate in ballo ulteriori trivellazioni, un ritorno al nucleare
e persino l’uso del carbone.
Ma
questi passi indietro il pianeta e la vita che Terra ospita non se li
possono permettere. Ed eccomi qua a ricordare che la foresta
amazzonica non è soltanto un gran mucchio di alberi.
Lo
stato delle cose in Amazzonia2
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https://www.scienzaverde.it/cronaca-ambientale-blog/importanza-della-foresta-amazzonica/
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Con
i suoi 5,5 milioni di kmq (il 20% degli originari 6,7 milioni è già stato distrutto), la foresta pluviale
amazzonica è la più grande del suo genere e ospita un decimo
di tutte le specie viventi
conosciute. Molte
altre, probabilmente, non faremo in tempo a conoscerle e
classificarle.
L'Amazzonia
esiste così com’è da almeno 55
milioni di anni, ma il processo di
disboscamento procede a gran velocità: nel
corso del 2020 il Brasile ha perso quasi 38 kmq di vegetazione al giorno, equivalenti a ventiquattro alberi
ogni secondo3.
Diversi
gruppi di scienziati e ambientalisti affermano che, a causa del
cambiamento climatico, oltre il 75% dell'ecosistema ha perso
resilienza dall'inizio degli anni Duemila. Il processo è più
evidente nelle aree più vicine all'attività umana e in quelle dove
le precipitazioni sono più scarse.
La
RESILIENZA di un ecosistema – vale a dire la sua capacità di
mantenere processi abituali come la ricrescita della vegetazione dopo
la siccità – è difficile da quantificare. Willcock e
collaboratori2 hanno esaminato le immagini
satellitari di aree remote della foresta amazzonica negli anni fra il
1991 e il 2016 e misurato la profondità ottica della vegetazione
[cioè
quanto un mezzo, in questo
caso lo spessore
della
vegetazione, sia opaco alla luce]. Ne hanno concluso
che la biomassa forestale recupera più lentamente mentre lo stress
ambientale aumenta.
Secondo
lo studio, periodi secchi più duraturi e condizioni generali più
secche provocate dai cambiamenti climatici minano la capacità della
foresta pluviale di riprendersi dalle successive siccità. Le specie
arboree sensibili alla siccità vengono sostituite da altre più
resistenti, ma a un ritmo molto più lento rispetto ai rapidi cambiamenti
del clima regionale.
Rallentamento critico2
L’Amazzonia,
cioè, si sta avvicinando a un punto critico che, se superato,
porterebbe al rapido trasformarsi della foresta pluviale in una
prateria secca o in savana.
Il
rallentamento critico è un processo durante il quale più un
ecosistema diminuisce la propria resilienza e meno è in grado di
risollevarsi.
Se
lo stress persiste, diventa più probabile che l'ecosistema raggiunga
un punto in cui scivola bruscamente in un nuovo stato.
In
altre parole, il rallentamento critico è l'avvertimento precoce di un imminente collasso.
Altre
ricerche sugli appezzamenti di foresta pluviale supportano
l'affermazione dello studio di Wilcock e collaboratori: la biomassa
nella foresta pluviale sta impiegando più tempo per riprendersi
dallo stress. Gli alberi muoiono più spesso e ricrescono più
lentamente, contribuendo a una riduzione complessiva della biomassa
amazzonica totale.
Il
destino dell'Amazzonia4
I
dati di questa ricerca non
svelano quando
potrebbe verificarsi una transizione critica o se essa sia già
in corso. Ma, oltre al
cambiamento climatico di per sé, altre gravi fonti di stress, stanno
agendo contemporaneamente: la
costruzione di strade,
l'espansione dei terreni agricoli…
Ma,
soprattutto, il disboscamento dovuto
agli allevatori e agli
agricoltori che
non solo disboscano ma bruciano
i detriti per far posto a coltivazioni e bestiame. I fuochi possono poi incendiare la
torba, materia organica concentrata nel suolo, che rilascia ingenti
quantità di carbonio nell'atmosfera. Da enorme bacino in grado di
catturare la CO2
l'Amazzonia si sta trasformando in una fonte di
gas serra.
Il
fenomeno è complesso: l'Amazzonia
agisce come
una sensibilissima macchina
idrologica: gli
alberi assorbono la pioggia e rilasciano vapore acqueo con la
fotosintesi,
Come
spiega Luciana Vanni Gatti, (Istituto nazionale di ricerca spaziale
del Brasile)
l'evapotraspirazione è fondamentale per produrre
precipitazioni.
l’Amazzonia
può immetterne nell'aria una quantità paragonabile a quella che il
Rio delle Amazzoni scarica nell'oceano. Si tratta di una quantità
enorme di vapore acqueo nell'atmosfera4.
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https://it.ovalengineering.com/rainforests-water-pump-455002 |
Una
delle fonti di stress più pericolosa è, attualmente, la politica
del governo brasiliano3.
Il
collasso della foresta pluviale amazzonica è inevitabile se Jair
Bolsonaro rimane presidente del Brasile.
Un tipo pericoloso3
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https://greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/greenpeace-con-bolsonaro-la-deforestazione-dellamazzonia-e-aumentata-del-75/ |
Questo
hanno dichiarato accademici e attivisti ambientali, sostenendo che il
leader di estrema destra è più interessato a placare la potente
lobby dell'agrobusiness e a sfruttare i mercati globali che premiano
i comportamenti distruttivi che a salvare la foresta. Infatti:
–
Lo
scorso anno il
Congresso ha smorzato
gli standard per le valutazioni di impatto ambientale e una
commissione ha approvato un disegno di legge che,
secondo
Greenpeace Brazil,
rende irrealizzabili le
demarcazioni, consente
l’annullamento delle Terras
Indígenas aprendole
a imprese predatorie come le
miniere, a strade e a
grandi centrali idroelettriche.
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https://mirim-org.translate.goog/pt-br/terras-indigenas?_x_tr_sl=pt&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=sc |
–
Nel
luglio 2021 la
camera bassa avrebbe dovuto esprimersi
sulla legalizzazione delle proprietà invase
illegalmente e sgomberate prima del 2014. Ma
nello stesso periodo il governo ha trasferito la
responsabilità del monitoraggio satellitare degli incendi boschivi
dall'Istituto nazionale per la ricerca spaziale (presso cui lavora Luciana Vanni Gatti), organizzazione scientificamente solida che ha svolto il suo compito per
decenni, all’Istituto
nazionale
di meteorologia, controllato
dal ministero
dell'agricoltura e dal
settore agricolo.
–
Da
quando Bolsonaro ha preso il potere nel 2019, la deforestazione e gli
incendi in Amazzonia hanno raggiunto i livelli più alti in oltre un
decennio, perché, nei periodi secchi, l’erba è facile esca per
il fuoco.
https://www.open.online/2020/05/09/gennaio-spariti-1200-km-foresta-amazzonica-bolsonaro-taglia-fondi-forestali/
Gli
scienziati sospettano che la foresta pluviale stia scivolando in una
serie di circoli viziosi. A livello locale, il disboscamento e gli
incendi hanno portato a siccità prolungate e temperature più
elevate, che a loro volta indeboliscono la resilienza dell'ecosistema
e provocano atri incendi.
A livello globale lo sgombero del
suolo sta trasformando la regione amazzonica da amica del clima a sua
nemica. Uno studio pubblicato su Nature rivela che la
combustione delle foreste ora produce circa tre volte più CO2
di quella che la vegetazione rimanente è in grado di assorbire.
Questo accelera il riscaldamento globale e la crisi si avvita sempre
più.
Il
governo può fare la differenza3
Le
forze del mercato globale sono in parte responsabili di questo
circolo vizioso: la deforestazione tende ad aumentare quando i prezzi
di soia, carne bovina e oro sono alti. Nessun governo, di qualsiasi
orientamento, è riuscito a fermare completamente il disboscamento
negli ultimi quattro decenni. Ma le politiche governative fanno la
differenza.
Tra il 2004 e il 2012, la deforestazione amazzonica
è diminuita dell'80% sotto l'amministrazione del Partito dei
Lavoratori di Luiz Inácio Lula da Silva.
Bolsonaro,
invece, ha costantemente smantellato o screditato i meccanismi che
l'hanno permesso: monitoraggio satellitare, personale sul campo e
legislazione per punire i trasgressori e delimitare la terra indigena
e le aree di conservazione.
La cosa principale che
questo governo [di Bolsonaro] ha fatto è minare la capacità dello
stato di contrastare la deforestazione illegale.
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http://www.iea.usp.br/midiateca/foto/eventos-2011/o-codigo-florestal-brasileiro-entre-a-producao-e-a-conservacao-ambiental/marcio-astrini-2/image_view_fullscreen |
ha
affermato Marcio Astrini, segretario esecutivo dell'Osservatorio
brasiliano sul clima, una rete di 50 organizzazioni della società
civile.
I
mercati e l’opinione dei consumatori contano, ovviamente, e diverse
catene di supermercati (Iceland, Waitrose, Tesco, Lidl, Sainsbury's)
hanno firmato una lettera aperta avvertendo che ulteriori erosioni
della legislazione ambientale e dei diritti delle popolazioni
indigene le spingerebbero a riconsiderare l'utilizzo di prodotti
agricoli brasiliani.
Ma conta anche il fatto che sul mercato globale
i prezzi delle materie prime rimangono alti: la domanda è forte soprattutto in Cina, dove il governo pone l'approvvigionamento di
risorse al di sopra dell'etica ambientale e la pressione dei media è
limitata da una severa censura. La Cina è, con ampio margine, il
mercato più grande del Brasile.
Tanto per dare qualche numero:
Il valore commerciale dell'interscambio Brasile-Cina vale 87.7 miliardi di dollari sulle esportazioni brasiliane in Cina e
47.6 miliardi sulle importazioni di prodotti cinesi in Brasile. Pechino è
il primo partner in entrambe le direzioni fonte5
In
conclusione
A.
Se la soglia critica verso il collasso amazzonico non è stata ancora
superata, gli effetti combinati di tutti questi elementi potrebbero
farla giungere prima di quanto si è supposto finora. Una volta iniziata la transizione verso uno stato ambientale differente, potrebbero bastare
pochi decenni per completarla.
B.
Se non invertiremo le emissioni globali di gas serra, non ridurremo
la pressione locale sulla foresta pluviale e non conserveremo gli
habitat per contrastare gli effetti di un clima più secco, forse
saremo le ultime generazioni a condividere un pianeta con questi
ecosistemi.
C.
Come ha riassunto Astrini:
Ora
è chiaro che una soluzione per l'Amazzonia può essere possibile
solo se cambiamo governo. Non c'è speranza se Bolsonaro sarà
rieletto presidente. O l'Amazzonia o Bolsonaro. Non c'è spazio per
entrambi.
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foto Alessio Spinaci https://www.dinamopress.it/news/linea-domani-la-crisi-climatica-le-minacce-difensori-dellambiente/
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D.
Amazzonia non significa soltanto ecosistemi, ma anche popolazioni
native che intendono difendere i loro diritti (la regione è abitata da circa 350 popolazioni indigene). Nel 2020 in America
Latina sono stati uccisi 170 attivisti. Quasi il 70% di loro
conduceva battaglie contro la deforestazione6.
E.
Le elezioni per la presidenza brasiliana si terranno nell’ottobre
2022.
1 Gianluca Ruggieri e Mauro Motta, I treni persi delll'indipendenza energetica italiana in https://altreconomia.it/i-treni-persi-dellindipendenza-energetica-italiana/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=23NANS
2 Simon
Willcock, Gregory Cooper, John Dearing, Is
the Amazon rainforest on the verge of collapse?
[La
foresta amazzonica è sull'orlo del collasso?], The Conversation, 7
marzo 2022
3 Jonathan
Watts Amazon
rainforest ‘will collapse if Bolsonaro remains president’ [La
foresta amazzonica collasserà se Bolsonaro resterà presidente], in
«The Guardian», 14 luglio 2021
4 Matt
Simon, La
foresta amazzonica potrebbe essere vicina a un punto di non ritorno, in wired.it
5 Emiliano Guanella, In Brasile, la Cina guarda all'anno elettorale, in ISPI 07/02/2022 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/brasile-la-cina-guarda-allanno-elettorale-33112
6 Strage
di attivisti ambientali, il 2020 l’anno peggiore di sempre
https://www.rinnovabili.it/ambiente/politiche-ambientali/attivisti-ambientali-strage-2020/