Oltre che per la fantascienza, che in questi ultimi anni frequento più da autore che da lettore, ho un debole per le storie di vampiri, quelle ricche d’atmosfera, gotiche più che horror, assolutamente non splatter. Il sangue è vita, come direbbe il Conte, è prezioso, non deve scorrere a fiumi.
Metafora ormai ovvia del diverso, il vampiro ottocentesco rappresentava la trasgressione, ciò che la società non può tollerare. Un tempo il vampiro era il dandy, seduttore, libertino e libero pensatore, era - in una società ormai avviata verso il capitalismo e l’imperialismo - il parassita, improduttivo e non riproduttivo, dedito ai propri bisogni e al proprio piacere, contronatura negli amori, nel modo di nutrirsi, nella (non) vita oltre la vita.
Ma oggi, nel nostro mondo permissivo, in cui ci si arricchisce anche esibendo proprio ciò che un tempo era tabù, quali regole può mai trasgredire il vampiro? Ci rifletto da qualche giorno, stimolata sia da una recensione di Elvezio Sciallis a Trenta giorni di buio, il film di David Slade, sia da due libri di Stephenie Meyer, Twilight ed Eclipse, letti e raccontati da mia figlia e sfogliati da me con una certa curiosità.
Qualche decina di anni fa, la letteratura vampirica ha imboccato una via diversa - complementare e per certi versi opposta - a quella del vampiro-nemico che va guardato dalla giusta parte del paletto (come direbbe un amico), la via del vampiro-esistenzialista, il diverso per eccellenza che si interroga sulla propria natura. Una via che ci ha suggerito l’identificazione e non la demonizzazione del vampiro: lui, l’immorto che non trova il proprio posto in un mondo ostile, siamo noi. Un tentativo interessante che ora, però, mostra la corda.
Sono stanco di vampiri in latex e cuoio recampati dai tagli di montaggio di Matrix, stanco di succhiasangue vestiti come stilisti gay pronti a disquisire di pomponi filosofico/estetici al suono dei Rolling Stones, stanco degli “infetti” proni allo spleen della loro condizione malata
[…] Benvengano quindi queste bestie assurde, finalmente MONSTRUM, finalmente ALIENO
Dice Elvezio Sciallis nella sua recensione a Trenta giorni di buio. E io concordo: sì, basta.
Se i vampiri sono diventati adolescenti problematici e in crisi sentimentale, pieni di riguardo verso i possibili accoliti e di dubbi sul proprio senso nel mondo, se insomma sono un’immagine migliorata ed edulcorata di ciò che siamo o che siamo stati, quali trasgressioni possono rappresentare, quali brividi possono offrirci?
Per questo, probabilmente, mi sono piaciuti i vampiri di Slade, gli unici davvero trasgressivi degli ultimi tempi. Non tanto perché ci considerano ironicamente solo come prodotto alimentare, quanto perché pragmaticamente applicano a se stessi la metafora della macchina: non soltanto siamo ciò che mangiamo (e in questo senso continuano a essere «noi») ma siamo semplici corpi, meccanismi. «Se un corpo può rompersi va rotto. Tu mi capisci?» dice (cito a memoria) Marlow, il capo dei vampiri a una delle compagne. E lei capisce, autorizzandolo a eliminarla.
Macchine che possono rompersi. Una vera provocazione, in questo ricco Primo Mondo, dove tutti vogliamo mantenerci eternamente giovani, un mondo di lifting, di protesi al silicone, di trapianti di capelli, di sorrisi al botulino, dove è vietato, invecchiare, decadere. Dove l’accanimento terapeutico travalica la volontà manifesta del malato. I vampiri di Slade, invece, sono corpi che cercano cibo e possono cessare di funzionare. Non sperano nell’Aldilà non hanno alleati satanici, provano ad annusare dio nell’aria. E non lo trovano.
3 commenti:
Ovviamente Silvia non poteva che partire con i vampiri. Eppure giuro che ha tanti altri interessi.
In ogni caso un abbraccio poco coniugale e molto amichevole.
Nonostante un certo numero di anni di matrimonio sono ancora curioso di sapere che cosa ti passa per la testa...
Ciao, non ho granché da dire sui vampiri perché ne so poco o niente. Però come inizio del tuo blog l'argomento mi sembra molto stimolante e mi fa aspettare con un brivido i prossimi post... Come sai adoro i fantasmi e tutti gli orrori viscidi e striscianti, penso che sarò una tua lettrice fedele.
Ciao a entrambi.
E' vero, in un certo senso: non potevo che partire dai vampiri. Sull'argomento ho letto un gran numero di romanzi, racconti e saggi, eppure non ho mai scritto un racconto, anche se a volte l'ho sfiorato (il protagonista di "Cielo clemente" non sopporta la luce del giorno, quello di "A solo" si beve comportamenti e possibili vite altrui... una specie di vampiro tourettico). In comune con i vampiri i miei personaggi hanno soltanto la diversità, che non li rende migliori ma sicuramente più vulnerabili. Spero comunque di riuscire, prima o poi, a scrivere un racconto sui succhiasangue. sempre che riesca a trovare un'altra risposta (diversa da quella offerta da "30 giorni di buio" alla mia domanda: "quale trasgressione può rappresentare il vampiro oggi?".
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