lunedì 31 ottobre 2016

Siamo alla fine dell'inverno?

Kaamos: la lunga notte artica secondo i finlandesi
Le emissioni umane di gas serra stanno trascinando la Terra verso il caldo. E l'Artico è la regione che si scalda più rapidamente. 
Secondo la Nasa, quello del 2016 è stato il gennaio più caldo di tutti i 136 anni documentati riguardo al  clima globale del pianeta. Non solo la sua temperatura media è oltre un grado sopra la linea basale del 20° secolo ma, a causa di un El Nino fuori misura, la zona che più ha risentito di questo aumento è stata proprio l'Artico. Ed è lì, sulla Siberia, sul Canada Settentrionale, sul nord della Groenlandia e in tutta l'area dell'Oceano Artico situata oltre il 70° parallelo Nord che le temperature sono state in media fra i 4 e i 13 °C al di sopra della norma, per tutto il mese. Mano a mano che si va a Nord le notizie peggiorano: oltre l'80° parallello nord, le medie delle temperature dell'intera regione hanno raggiunto i 7,4°C oltre la norma; questa, in un anno normale sarebbe  la medesima escursione termica riscontrabile tra gennaio e aprile
In sostanza gennaio ha mantenuto una temperatura media da primavera artica.
Primavera artica

Ma dove sta il problema?

Il calore porta alla fusione più rapida dei ghiacciai e all'aumento del livello del mare di vari centimetri. Ma il guaio non si ferma lì: man mano che il ghiaccio – di color bianco e riflettente la luce – si ritira, scopre superficie di colore blu sull'oceano  e verde-marrone sulla terraferma che riflettono molto meno e assorbono calore. Il termine scientifico che indica il valore della frazione di luce riflessa da una qualunque superficie è albedo:  essa è massima (= 1) quando tutta la luce viene riflessa, minima (= 0) quando la luce viene tutta assorbita.L'albedo del ghiaccio è molto alta,  (circa 0,9) quella della terra o della roccia è molto bassa (< 0,1), quella dell'acqua anche di più (= 0,07) perché gran parte dell'energia luminosa viene assorbita. 

Permafrost

Il calore assorbito a causa della bassa albedo porta all'ulteriore scongelamento delle zone circostanti, nonché alla fusione del permafrost, il terreno congelato dell'estremo Nord, dove il suolo è perennemente ghiacciato (anche se in certe aree lo strato più superficiale si scioglie in parte d'estate e si ricongela d'inverno). Lo spessore dello strato di permafrost varia da zona a zona e può raggiungere, in Siberia, anche 1,5 km, mentre in Alaska e in Canada è di varie centinaia di metri. Al di sotto del permafrost, che funge da strato impermeabile, possono trovarsi vasti giacimenti di metano che verrebbero liberati nell'atmosfera se il permafrost si sciogliesse
Il metano è un gas serra.
E questo si chiama circolo vizioso. 

Tra le prime vittime dello scioglimento dei ghiacci e del permafrost ci sono i Sami, che vivono in una vasta area tra Russia e Scandinavia; Sono 100.000 in tuttomeno di un milione se uniti alle altre etnie indigene dell'Artico – su una popolazione globale di 13 milioni. Il popolo Sami vive soprattutto di pastorizia: le renne pascolano su un'area enormemente vasta e i cambiamenti climatici cambiano velocemente i loro territori. 


"La neve arriva dopo, gli inverni sono più miti, la primavera arriva prima. Aumentano le piogge e diminuiscono le nevicate. La tundra si restringe […] Se l'autunno è troppo umido e poi le temperature crollano improvvisamente, si forma uno strato di ghiaccio sotto la neve che impedisce alle renne di raggiugere i licheni con cui nutrirsi. La neve secca va bene, quella umida può essere un disastro" (1)
dichiarazione di Bruce Forbes, ecologo 
Università della Lapponia di Rovaniemi (Finlandia)  

Avendo ormai la maggior parte dei mesi del 2016 alle spalle possiamo constatare che tutti i mesi, da gennaio a giugno sono stati rispettivamente i più caldi mai registrati, come segnalato dal Goddard Institute for Space Studies (GISS) della  NASA. Siamo 1,3 °C oltre la temperatura rilevata a fine Ottocento, con picchi molto al disopra di questa media in varie parti del mondo. La calotta ghiacciata del Mar Glaciale Artico ha fatto registrare record di minore estensione in tutta la prima parte dell'anno e, in media nella stagione calda la calotta è 40% meno estesa rispetto alle misurazioni datate fra la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta.


Il GISS sta inviando ricercatori a monitorare i cambiamenti da vicino: il progetto Operation IceBridge, ad esempio, misurerà le pozze d'acqua  causate dalla fusione del ghiaccio sulla calotta artica. Come abbiamo visto, la superficie più scura delle pozze, avendo un'albedo molto bassa, contribuisce ad accelerare la fusione della calotta.

Un’altra campagna promossa dai ricercatori della Nasa chiamata Arctic-Boreal Vulnerability Experiment studierà come foreste, permafrost e altri ecosistemi stiano rispondendo all’aumento delle temperature nell’Artico.




 1. Le ultime sentinelle dell'Artico, di Jacopo Pasotti  in Inchieste di Repubblica.
 

Per approfondire:






Per saperne di più sul popolo SAMI vi rimando al mio post Vita da Sami
e a L'ultimo lappone, romanzo di Olivier Truc, che ho recensito su LN-Librinuovi.net  

 





martedì 18 ottobre 2016

Il futuro dei nostri guai

Prima di tutto voglio pagare un debito: questa serie di post è stata ispirata da un ottimo libro di divulgazione scientifica: Il libro dell'acqua, di Alok Jha. All'inizio pensavo di cavarmela con una recensione complessiva ma i dati forniti nei primi capitoli sono talmente inquietanti da spingermi a documentarmi ulteriormente e a informarvi delle mie ricerche. 


Ovviamente sul singolo aspetto – aumento della temperatura media superficiale dei mari, acidificazione delle acque, scioglimento dei ghiacci polari ecc. – in rete e in letteratura si trovano tantissimi interventi, ma Jha ha il grande merito di giustapporli e condensarli chiaramente in poche decine di pagine. E la lettura preoccupa. 

Ero quindi risoluta a raccontare le conseguenze dei guai precedenti su attività umane come la pesca, quando casualmente mi è caduto l'occhio su un paio di dichiarazioni sul riscaldamento globale di un esperto qualificato: Mr Trump. Sì, proprio lui, Il Donald, l'uomo che non si lascia mai scappare un'occasione per  fare dichiarazioni imbarazzanti. 
Non ho saputo  resistere alla possibilità di dargli torto, ma  la mia coscienza ecologica si sente malissimo, perché adesso so.

L'innalzamento dei mari
Se ne parla tanto, tutti abbiamo letto o sentito le fosche previsioni, persino il Donald, che in un tweet del 2012 ne aveva dato la colpa ai cinesi: 

“Il concetto di riscaldamento globale è stato creato da e per i cinesi, allo scopo di rendere la produzione degli Stati Uniti non competitiva” 

Il  2 Gennaio 2014 comunque fornì una spiegazione alternativa del fenomeno: 

Insomma, perché preoccuparci? Il riscaldamento globale è una costosa palla: il pianeta  si sta raffreddando e tra poco i ricercatori che la sostengono saranno congelati come i bastoncini di pesce. 
Se però voi, come me, vi ostinate a non prendere sul serio queste perle di saggezza sarete probabilmente disposti a  riflettere sui dati che seguono.

Negli ultimi cento anni, il tasso d'innalzamento del livello degli oceani è stato il più veloce dei 27 secoli precedenti. Lo evidenziano due diversi studi pubblicati su PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences, e riassunti sul sito Le scienze.it  in un articolo del 26 febbraio 2016.
Il primo studio, frutto di una collaborazione internazionale, presenta una ricostruzione delle variazioni del livello globale dei mari negli ultimi 3000 anni. Nell'era preindustriale il livello globale oscillava di + 8 cm circa, con un calo sensibile tra i secoli XI e XV, a causa di una diminuzione della temperatura media globale di 0,2 °C. Nel corso del XX secolo, invece, l'innalzamento è stato più rapido che nei precedenti 27 secoli, con una variazione di + 14 cm; simulazioni attendibili indicano che senza l'effetto serra antropico la variazione di livello dei mari sarebbe stata compresa tra – 3 cm e +7 cm.

Il secondo studio combina per la prima volta simulazioni al computer e registrazioni storiche per dedurre una relazione statistica tra aumento della temperatura e incremento del livello dei mari, ottenendo così una stima molto affidabile delle conseguenze del riscaldamento climatico.
I possibili scenari ottenuti, codificati anche nel quinto rapporto dell'IPCC delle Nazioni Unite (di cui abbiamo già parlato nei post precedenti), corrispondono a diverse proiezioni dell'incremento della temperatura media globale tra il 2081 e il 2100 rispetto alla media delle temperature globali tra il 1986 e il 2005
 


Scenari possibili

Incremento medio di T°

Intervallo di innalzamento dei mari nel 2100

1° scenario

+ 1 °C

28 cm – 56 cm.

2° scenario

+ 1,8 °C

37 cm – 77 cm

3° scenario

+ 3,7 °C

57 cm – 131 cm

Previsioni V rapporto IPCC


52 cm – 98 cm

Previsioni IPCC

in caso di drastica riduzione di emissioni di gas serra dovute ad  attività umane


28 cm – 61 cm


 
Secondo l'ANSA  i dati sarebbero confermati anche dall'analisi di campioni di ghiaccio prelevati in Antartide.
Insomma, le cose si mettono proprio male.



In un articolo del 27 agosto  2015 l'ANSA riporta dati satellitari ottenuti dai ricercatori Nasa sul possibile innalzamento dei mari. Il direttore della Divisione di Scienze Naturali della Nasa ha ricordato che sono a richio le case di 150 milioni di abitanti delle aree costiere basse, a non più di un metro sopra il livello del mare; si tratta soprattutto di aree asiatiche:  Paesi poveri come il Bangladesh, ma anche città moderne come Tokyo e Singapore, che potrebbero essere interamente sommerse. Anche la Florida è a rischio: le strade di Miami sono già periodicamente allagate per le alte maree.

Surfisti lungo le strade allagate della Florida, vicino a Tampa, 2 settembre 2016 (fonte: Corriere della Sera)


Qui per avere un'idea dell'entità del  guaio italiano. I dati si riferiscono al 2100. 
 
Negli ultimi 10 anni, stando ai satelliti della Nasa, l'Antartide ha perso in media 118 miliardi di tonnellate di ghiaccio all'anno; la calotta della Groenlandia ne ha persi addirittura 303 miliardi di tonnellate. 


 

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