lunedì 5 gennaio 2009

E' indispensabile scrivere?


In questi mesi complicati sono passata, insieme alla mia famiglia, da un'emergenza all'altra: problemi di salute, gestione complicata della quotidianità, rapporti difficili con un'adolescente entusiasmante ma ovviamente problematica. E fin troppo intelligente.
Niente di strano che non sia riuscita a scrivere per mesi se non poche recensioni e relazioni scolastiche, ovvero la negazione della Scrittura. Anche la lettura ha latitato: troppo occupata per leggere di giorno, troppo stanca per leggere di notte, mai in grado di concentrarmi a sufficienza da fare due cose per volta, tipo leggere durante una riunione noiosa, o camminando su percorsi sicuri. In conclusione un appiattimento della vita mentale, un elettroencefalogramma quasi piatto.
Questo dimostrerebbe che senza leggere (e scrivere) divento stupida, non riesco più a pensare. Soprattutto rispetto all'adolescente, mi sto convincendo che se avessi potuto leggere e scrivere (e quindi pensare) avrei capito prima diverse cose. Forse scrivere non è indispensabile (potrei fare dozzine di nomi di autori che potrebbero benissimo astenersi...)ma leggere di sicuro sì.
Ma scrivere aiuta a vivere (quando non consente di guadagnare la pagnotta, intendo)? Aiuta a comprendere meglio il mondo come fa la lettura?
Domanda assurda, probabilmente, che merita soltanto risposte sceme da finto genio incompreso. Ma facciamo finta che sia possibile (e utile) rispondere.
Quali attitudini risveglia l'esercizio di scrivere?
Osservare, innanzitutto.
Trovare le parole per dire ciò che si vede. Ciò che si prova.
E forse, anche ciò che provano gli altri.
Esercitare il distacco. Il dubbio appunto.
Accostare le emozioni di lato (a meno di non scrivere diari noiosissimi con noi stessi come unici protagonisti).
Spostare le emozioni, il "sentire" da qualche altra parte per osservarle meglio, e in questo il fantastico e più in generale la letteratura di genere, con le sue regole, aiuta molto.
Ho sentito molto la mancanza di tutto questo, ma semplicemente riversare sulla pagina il vissuto che incalza è pessima scrittura (a meno di non essere geni, ovviamente).
E poi c'è sempre il problema della scrittura consolatoria (ben diversa dalla scrittura consolante) della sceneggiata, della "recita" autocompiaciuta. E' un pericolo che personalmente sento sempre dietro il prossimo angolo. Roba che intorbida qualunque tentativo di vedere.
Fatto sta che a scrivere non ci sono proprio riuscita. Anche se occuparmi di leggere pagine scritte da altri (Rudi Ludi, Fata Morgana) è stato già bello.E consolante.
Ora mi sembra di cominciare a riacchiappare il filo dei miei pensieri e che, finalmente, si ripeta il solito miracolo di intravvedere il prosieguo di una storia (la mia l'avevo cominciata più o meno a luglio, credo)mentre stai facendo tutt'altro, che (almeno un po') lettura, scrittura e vita vera si compenetrino, sfumino una nell'altra.
E' indispensabile scrivere? Non lo so. Molti mi direbbero di no, per fermare i miei sforzi, magari. E io non so proprio che cosa rispondere. Però sono convinta che l'occhio dello "scrittore" sia un bell'aiuto per comprendere.

5 commenti:

Massimo Citi ha detto...

Scrivere, certo. Perché è necessario, perlomeno per certa gente. Scrivere per inventare altri mondi e andarci, sia pure brevemente, a vivere. Per "vedere" altri orizzonti e altre luci, per legare - misteriosamente, inaspettatamente - colori ed emozioni di un ricordo dimenticato e per riaffermare la nostra unicità di passato e presente. Questo è ciò che al momento non mi riesce. Forse è paura, può essere. O, semplicemente, è il mio cervello che non ce la fa (ancora). Sicuramente non riuscirei a chiaccherare a vuoto presentando la mia "inimitabile" anima. L'ho fatto, a suo tempo. Mi sono esibito nella varietà e ricchezza dei miei registri ma adesso non ne ho più voglia. O desiderio, o capacità. Per il momento attendo - impazientemente - di riprendere lasciandomi conquistare da una visione. Con tutti i miei migliori auguri...

S_3ves ha detto...

Scrittura per dare forma ai ricordi e qindi alla nostra unicità? Mi tiri con una corda di burro, avrebbe detto mia nonna (in piemontese, però)! Ho tentato di scrivere un commento, ma minacciava di essere lungo quanto il post, quindi ti risponderò con un nuovo post, Max.
Comprendo che cosa intendi scrivendo "non ne ho più voglia". Questi mesi hanno reso anche me più essenziale ed esigente con me stessa. Cose che prima avrei (forse) scritto e letto se scritte da altri perché "interessanti" adesso mi sembrano superflue, persino un po' fatue. E questo bisogno di rigore rende l'esercizio della scrittura ancora più difficile: non c'è più posto per le parole quasi giuste.
Però, come si diceva questa mattina, le esperienze cambiano continuamente i modi della scrittura; forse ciò che tu chiami ancora mancanza è soltanto differenza.
Buon viaggio.

Davide Mana ha detto...

Scrivere può diventare un vizio - una dipendenza.
E credo che come altre attività sempre meno praticate - il sogno, la meditazione - aiuti il nostro cervello a mettere ordine nella valanga di informazioni che ci viene riversata quotidianamente addosso.
Poi, certo, bisogna avere voglia.
Complici la necessità di guadagnarsi la pagnotta ed altre disavventure, esco da un periodo di torpore assoluto.
Ma sta passando - ho ricominciato a scrivere....

S_3ves ha detto...

E' incoraggiante pensare che scrivere ci aiuti a mettere ordine. Di sicuro ne ho molto bisogno.
Bentornato, Davide.

Fran ha detto...

Scrivere è indispensabile. Punto.
Forse, come per la lettura - altrettanto indispensabile -, non sempre con uno scopo preciso, non sempre perché qualcuno legga, o per divertimento, o per distrazione o per capire.
Almeno io la penso così. è come mangiare e bere: se ne può fare a meno per qualche tempo, ma non troppo a lungo.

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