Aprite un po’ di libri (o magari sfogliate un po’ di vostri scritti) e cerchiamo di suddividere i dialoghi in categorie. Per cominciare potremmo ipotizzarne tre, tenendo però conto che qualunque suddivisione ammette tutte le possibili varietà intermedie o gradazioni (mai visto due piccioni esattamente uguali?)
1.Dialogo strumentale o informante.
2.Dialogo personale o formante.
3.Dialogo teatrale /sceneggiatura
Per quanto riguarda le prime due categorie, la distinzione viene data in rapporto alla funzione del dialogo nel testo. Informante adempie principalmente alla funzione di avvisare, informare il lettore di eventi avvenuti fuori scena. Non è un dialogo secondo la definizione iniziale del dizionario di retorica, ma una forma narrativa dove i personaggi hanno sostituito il narratore onnisciente nel mettere al corrente il lettore di fatti essenziali alla lettura. La versione più pedestre del dialogo informante è quella adottata da molti autori di fantascienza tecnologica degli anni Quaranta:
– come certo lei ricorderà, professor Heinechen, – intervenne Johnny Karlsberg – il disassemblatore ellissocardanico è stato inventato nel 2030 per sconfiggere i perfidi Bau-Uau. Funziona sul principio della disaggregazione molecolare inducibile in un campo ellittico attraverso un cannone energetico montato su un giunto cardanico…
Il prof. Heinechen sa benissimo che cosa sia il disassemblatore ellissocardanico, quando sia stato inventato e come funzioni (anzi, se avesse un po’ di autonomia invece di essere un personaggio manichino, saprebbe anche che il pistolotto di Johnny Karlsberg è assurdo). Ma il lettore, beota e ignorante, deve essere dettagliatamente informato sulla potente arma.
Oggi, grazie al dio protettore dei lettori, questo genere di dialogo non si usa più (o no?).
Ma sono utili dialoghi come il seguente:
– Ci siamo, è cominciata. – Annuncia Rob entrando a precipizio nello studiolo di Magda. – La gente non ne può davvero più. Si sta radunando davanti ai supermercati e ai centri commerciali, proprio come prevedeva Enrico, l’altra sera.
– Anche l’altro mese, dopo l’ennesimo aumento ella benzina, facevano casino, – Magda continua a decorare la borsa di cuoio commissionata dalla signora Biamonti, – ma poi hanno ingoiato tutto, come al solito.
– Sì, ma questa volta è diverso. Al SMS di largo Savoia hanno sfondato i tornelli e razziato gli scaffali.
– Gesto isolato di pochi facinorosi – Magda sorride storto e imita alla perfezione il tono saccente dello spaccianotizie della Mediamed.
– No, è proprio cominciata. Sono disordini di piazza, non gesti isolati, non è escluso che facciano intervenire l’esercito.
– E chi lo dice che è cominciata?
– Mah. – Nel tono allarmato di Rob s'infila una sottile soddisfazione. – I tuoi occhi, per esempio… – Indica la finestra con un cenno discreto della mano.
Magda si alza di scatto, raggiunge la finestra, scosta la veneziana. Il primo blindato lince svolta dal viale e subito viene circondato da decine di persone a svolto scoperto. Per un attimo tutto tace, come congelato nel tempo, poi parte la prima molotov.
Scegliendo la parte del narratore onnisciente potevo evitarmi il dialogo, naturalmente:
Nel primo pomeriggio la folla si radunò, ben decisa a sfondare le saracinesche del Mall. Impazienti e rabbiosi, non riuscendo a spuntarla contro le chiusure di sicurezza, percorsero il grande viale urlando slogan, poi si sparsero nelle vie intorno, giungendo proprio sotto il laboratorio di Magda. Era gente comune, impiegati, pensionati, piccoli esercenti condannati alla chiusura dalla crisi. La collera per l’ingiustizia patita li sorreggeva: non indietreggiarono nemmeno di fronte al blindato lince inviato in segno di avvertimento su richiesta del sindaco.
Ma salta subito all’occhio (e all’orecchio) che la descrizione è noiosa e ideologica, mentre il dialogo crea una tensione crescente, fa avvenire le cose in diretta.
La terza categoria è largamente spuria e qui vuole indicare i dialoghi nei quali gli incisi non svelano il pensiero dei personaggi ma i loro gesti e atteggiamenti e quindi potrebbero essere sostituiti con istruzioni di scena (cammina avanti e indietro - si torce le mani - continua a giocare con la sigaretta spenta - abbraccia l’amico sorreggendolo…).
Il teatro è essenzialmente formante e solo episodicamente informante. In questo caso la categoria si applica alla forma-dialogo piuttosto che al suo significato nel testo.
Ma è la seconda categoria a rappresentare il dialogo per eccellenza, quello in cui due personaggi, mossi da scopi diversi, comunicano influenzandosi vicendevolmente. Al termine del dialogo formante si dovrebbe poter affermare che i due hanno maturato una visione del mondo leggermente diversa da quella che avevano all’inizio. Parlando i due personaggi si svelano all’altro e a se stessi (e a chi legge). Proprio come accade nella vita reale, può accadere loro di scoprire il proprio pensiero parlando. Il dialogo formante permette di definire appieno i loro caratteri; non solo, costituisce una forma di azione e mette il lettore di fronte alla possibilità di schierarsi (con uno dei due) o di maturare sua volta un punto di vista ibrido.
Ricordo che, nel corso di una concitata assemblea studentesca al liceo, una coraggiosa e coerente (ora lo posso riconoscere) docente di filosofia affermò: «noi dialoghiamo per scoprire la verità». Allora mi sembrò la tipica sparata di un docente conformista. Mi sbagliavo. Quella frase mi ha guidato e insegnato la pazienza tante volte, mentre discutevo con mia figlia o con i miei studenti. E spesso mi torna in mente mentre scrivo e rileggo. Quello è il momento di diventare impietosi: o il dialogo che ho scritto è puramente informante o deve lasciare i personaggi (e me) un po’ diversi rispetto all’inizio.
Oppure è inutile, serve solo a riempire una pagina. Meglio cancellarlo.
Al di là delle categorie di comodo, spesso i dialoghi efficaci si pongono a cavallo delle tre categorie: informanti ma al contempo formanti, descrittivi della psicologia dei dialoganti e ricchi di azione e di movimento.
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