Da un breve articolo pubblicato sul numero di settembre 2012 delle Scienze (pag. 28), a firma di Michele Catanzaro, risulta che «la musica sta diventando sempre più banale».
Prima reazione: «Ah. Già mio nonno sosteneva che il quartetto Cetra fosse molto meglio dei Rolling Stones. Quella sì che era musica».
L'articolo, però, riporta i risultati di un confronto quantitativo – fatto dai ricercatori in questione con sofisticati sistemi di analisi computerizzata – tra circa mezzo milione di brani composti tra il 1955 e il 2010 e in seguito digitalizzati.
I parametri presi in considerazione sono stati:
- Le transizioni fra le note.
- Le diversità nei timbri e nella varietà degli strumenti utilizzati.
- Il volume di registrazione.
Lo studio ha evidenziato che:
- Le transizioni fra gruppi di note sono diminuiti in maniera regolare negli anni, tanto che, partendo da una certa nota, è possibile prevedere quale sarà la nota successiva più probabile.
- Le diversità fra timbri e varietà di strumenti sono diminuite costantemente.
- Il volume di registrazione è invece aumentato. Come dire che, se un coatto vi assorda con la musica a palla al semaforo, metà della colpa è sua, e metà è della casa discografica.
- A causa delle tendenze di cui sopra i brani si stanno sempre più uniformando, seguendo le mode del momento, e diventano sempre più piatti e prevedibili.
È cosi stato possibile elaborare una ricetta per comporre pezzi passabilmente «attuali» e «modernizzare» pezzi di un tempo semplicemente semplificando le transizioni fra gruppi di note, eliminando un po' di strumenti e alzando il volume di registrazione.
Deprimente? Certo. Ma non penso sia all'opera un malvagio e oscuro complotto per avvelenare la nostra corteccia uditiva. La tendenza è un fatto più che una scelta consapevole.
Chi sceglie quale musica produrre e sostenere quasi mai si fa guidare da parametri quali l'arte o l'originalità (a meno che non sia un innovatore e/o uno che ci vede molto lungo); si limita semplicemente a scegliere ciò che già si vende. E chi compra (o scarica) sceglie ciò a cui è abituato, cioè i prodotti più diffusi. Un meccanismo da feedback perverso che lascia ben poche speranze.
Sarà così anche per la narrativa?
7 commenti:
Senza contare che la musica odierna è al 90% in 4/4, o al più in 6/8. Non ricordo quale direttore d'orchestra in un'intervista aveva sottolineato gli stessi aspetti, ma l'analisi quantitativa rende tutto più concreto (e più triste).
Il problema - ma in parte anche la soluzione - sta nella diffusione della musica come "ambiente" sul lavoro, durante la guida, in mille e mille situazione, mentre scompare la musica ascoltata al giusto volume davanti a uno stereo. Come per la letteratura mancano le occasioni - il tempo - da dedicare alla musica e alla narrativa. Il risultato sono una musica a palla e ossessivamente in 4/4 e una narrativa vagamente sentimentale, quaserotica, similbiografica. La soluzione è proprio nei mezzi che ci accompagnano tutti i giorni. Il barocco ascoltato sull'autoradio o il prog-rock ascoltato in cuffia sul pullman. Per la narrativa, paradossalment, è più difficile.
@ Salomon Xeno: hai ragione, 4/4 piatto piatto, altro che tempi dispari e via dicendo. Leggendo il titolo dell'articolo sulle Scienze ho commentato; bella scoperta! Ma mi ha sorpreso che lo studio confermasse le impressioni «a braccio» di tanta gente.
@ Max: musica come sottofondo non «ingombrante»? Sì ma, rovesciando il discorso, perchè ci si dovrebbe accontentare di una musica banale, come sottofondo per i nostri pensieri? Per me la musica barocca è perfetta per guidare, mi protegge da un fuori irritante, mi permette di vederlo come un accidente che richiese solo un po' di pazienza per essere sopportato. Perché dovrei desiderare «Unz! Unz!» in 4/4?
Non è una posizione snob, la mia, davvero, ciò che intendo dire è che migliorare l'ascolto è alla portata di ogni essere umano. E la narrativa, idem, la buona narativa, quell ache non dice solo ciò che già sappiamo, idem, Allora perché si crea questo meccanismo letale per cui rotoliamo lungo la china? Perché 4/4 sembra più semplice e possono contrabbandarci un mucchio di menate stereotipate come il successo (musicale o narrativo) dell'anno?
Anche se ascolto molta musica non sono un'esperta e non mi intendo di questioni tecniche, però credo che anche la letteratura viva un momento simile. I libri più venduti (commerciali) in genere si adeguano ai più venduti degli anni precedenti. Spesso sono brutte copie di altro e sempre più semplificate. La gente si abitua alla semplificazione e non fa più lo sforzo di leggere libri complessi, quindi chi vuole scrivere libri commerciali semplifica... e così via. Triste...
Spero di non essere andata troppo fuori tema.
@ Romina: altro che fuori tema, direi che hai colto il punto. Alla fin fine tutto va inquadrato nella progressiva semplificazione dei prodotti multimediali che ci arrivano da editori, case discografiche, radio e TV. "Più è facile il prodotto, più verrà seguito, quindi più potremo farcirlo di messaggi ulteriori (che non lo riguardano direttamente ma che il prodotto veicola), in primis la pubblicità, ma poi lo stile di vita, con tutto ciò che lo compone: auto, cellulare, TV a pagamento, stile del vestiario ecc.
Ehm, a questo punto come ci salviamo? Ascoltando altra musica, come suggerisce Max, leggendo altri libri, vedendo altra roba scelta da noi…?
Ci salviamo non seguendo la massa e sperando che qualcuno prima o poi ci venga dietro.
Sperando però di non diventare parte di una nuova massa a nostra volta.
Insomma, è complicato.
@Romina: hai ragione, cerchiamo di non farci inghiottire dalla massa e rischiamo di dar vita a un nuovo conformismo. Una cosa che agli "intellettuali progressisti" italiani è sempre riuscita benissimo. Ehm, ho letto i giornali di oggi e sono già in fase pessimista. Mi spiace...
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