Perché
ne parlo proprio qui?
Durante queste settimane di vacanza sono tornata a leggere come piace a me: prendendo in mano un libro a caso e seguendolo pe veder dove mi porta. Sicuramente è capitato anche a voi che i libri che sfogliate sembrino «parlarsi» fra loro, e uno riecheggi quello precedente…
Non nei temi, quel genere di somiglianza è responsabilità nostra, perché scegliamo le letture in base al nostro umore. No, piuttosto, parafrasando Ligabue, il libro che leggi «sembra avere capito chi sei» e ti racconta di cose che non sapevi di cercare. Ovviamente dipende da noi, dalla nostra disponibilità ad ascoltare in particolare certe sfumature, certe frasi… Comunque a me piace credere che loro, le storie, comunichino a un livello più profondo.
Questo modo di leggere 0 che apparentemente procede a caso – mi fa scegliere testi che altrimenti non sfoglierei, perché la vita è breve e i grandi libri troppi e so già che il tempo non mi basterà. Ma la «vacanza» è appunto un'assenza, e ogni tanto anche il mio senso critico da lettore disciplinato ha il buon gusto di andarsene in ferie.
Risultato: ingoio pagine bizzarre che mi spingono a cercare ulteriori cenni e spiegazioni in rete. Io mi diverto così…
Tra le voci dell'estate 2013 ho ascoltato quella di Lovecraft, un autore di cui in gioventù ho letto un sacco di cose, e altre ne ho scoperte chiacchierando con compagni di lettura. Insomma, mi sembrava di averne già avuto abbastanza. Ma – complice una piccola iniziativa editoriale e un bancarella di libri usati e davvero vecchi – ho ripescato due testi: L'orrore a Red Hook e Le montagne della follia. Alle Montagne dedicherò un post più avanti, gemellandole temerariamente con un romanzo di Tracy Chevalier. La storia di Red Hook, invece, l'ho recensita (incurioista dal suo taglio xenofobo) su LibriNuovi on line e, caso mai foste interessati a proseguire la lettura del post vi suggerisco di dare prima un'occhiata alla recensione.
Per esprimere un parere informato e non troppo ovvio, ho comunque girato un po' in Rete, raccogliendo un certo numero di informazioni che ho pensato di condividere senza appesantire eccessivamente la recensione.
Che razza di idea!
Considerato non troppo buona nemmeno dall'autore, che la definì piuttosto lunga e verbosa, il racconto è frutto, in un certo senso, di un progetto, che Lovecraft rivelò a uno degli autori suoi abituali corrispondenti, uno dei membri più stretti del cosiddetto «circolo Lovecraft» [1], Clark Ashton Smith:
Non nei temi, quel genere di somiglianza è responsabilità nostra, perché scegliamo le letture in base al nostro umore. No, piuttosto, parafrasando Ligabue, il libro che leggi «sembra avere capito chi sei» e ti racconta di cose che non sapevi di cercare. Ovviamente dipende da noi, dalla nostra disponibilità ad ascoltare in particolare certe sfumature, certe frasi… Comunque a me piace credere che loro, le storie, comunichino a un livello più profondo.
Questo modo di leggere 0 che apparentemente procede a caso – mi fa scegliere testi che altrimenti non sfoglierei, perché la vita è breve e i grandi libri troppi e so già che il tempo non mi basterà. Ma la «vacanza» è appunto un'assenza, e ogni tanto anche il mio senso critico da lettore disciplinato ha il buon gusto di andarsene in ferie.
Risultato: ingoio pagine bizzarre che mi spingono a cercare ulteriori cenni e spiegazioni in rete. Io mi diverto così…
edizione portoghese (da iTunes) |
Per esprimere un parere informato e non troppo ovvio, ho comunque girato un po' in Rete, raccogliendo un certo numero di informazioni che ho pensato di condividere senza appesantire eccessivamente la recensione.
Che razza di idea!
Considerato non troppo buona nemmeno dall'autore, che la definì piuttosto lunga e verbosa, il racconto è frutto, in un certo senso, di un progetto, che Lovecraft rivelò a uno degli autori suoi abituali corrispondenti, uno dei membri più stretti del cosiddetto «circolo Lovecraft» [1], Clark Ashton Smith:
Ho
usato e userò ancora L'idea che il magico nero esista in segreto
oggi, o che infernali antichi riti ancora esistano nell'oscurità.
Quando leggerai la mia nuova storia "The Horror at Red Hook",
vedrai che uso ho fatto dell'idea in connessione con le bande di
giovani fannulloni & i branchi di stranieri dall'aspetto
sgradevole che si possono vedere ovunque in New York
[trad. mia]
La
visione di bande giovanili e «branchi» di stranieri fu, per
l'autore, un'esperienza di prima mano, vissuta in occasione di del suo trasferimento a New York in compagnia di Sonia
Greene, sposata nel 1924. Inizialmente infatuato della
città, l'autore si disamorò presto, proprio perché estremamente
turbato dalla mescolanza etnica, particolarmente evidente in
quartieri come Red Hook.
la mia venuta a New York è stato un errore […] Io vi ho trovato soltanto un senso di orrore e oppressione che incombeva fino a dominarmi, paralizzarmi e annichilirmi.
L'esperienza è anche adombrata nel suo
racconto He.
Come riportato in The private life of HP
Lovecraft, Sonia ricordava che una sera, mentre stava cenando in
compagnia di James F. Morton, Samuel Cavenon e Reinhart Kleiner, in
un ristornate dalle parti di Columbia Heighs, entrarono nel
locale alcuni uomini turbolenti e chiassosi. Lovecraft fu talmente
infastidito dal loro comportamento grossolano che riversò
l'irritazione in questo racconto.
Ogni
volta che noi ci trovavamo in mezzo alla folla razzialmente mescolata
che caratterizza New York, Howard diventava livido di rabbia, sembrava perdere la ragione.
Il Gentiluomo di Providence era mica razzista?
Be'…
Che certi passi narrativi, come anche molti brani di lettere inviate
ad amici e autori con i quali era in corrispondenza, siano
esplicitamente razzisti, non vi è alcun dubbio, d'altra parte
Lovecraft ha dichiarato un po' tutto e il contrario di tutto,
apprezzando il pensiero di Marx ed Engels ma non disdegnando certe
forme di fascismo, criticando il pensiero dei «fondamentalisti
arretrati del Ku Klux Klan & della Legione Nera» e dichiarandosi
possibilista sulla integrazione degli ebrei fra gli ariani, ma solo a
patto che fossero assimilati, ovvero che non conservassero tracce
della cultura ebraica!) e sposando una donna di origine ebraica. Ad
esempio:
Un
uomo educato nella tradizione tedesca, le cui prime sensazioni
confermino la virile psicologia pagano-protestante che appartiene a
quella nazione ed escludano gli insegnamenti ereditari di altre
culture, dovrebbe poter diventare un cittadino a pieno diritto, e un
potenziale funzionario, anche se è ebreo per un quarto, per metà o
al cento per cento. Ma nessun uomo che abbia conservato sentimenti e
punti di vista ebraici dovrebbe occupare ruoli di primo piano in un
paese ariano.
Definirlo
un social-confuso è sicuramente minimizzare, ma… A chi voglia
approfondire consiglio di dare un'occhiata alla voce che Wikipedia
dedica al punto di vista politico di Lovecraft.
Torniamo alla storia…
Torniamo alla storia…
Giusto. La principale fonte dei riferimenti alla
magia usati in Red Hook provengono dalla 9^
edizione della Encyclopaedia
Britannica (alle
voci
Magia
e
Demonologia) Una
piccola querelle riguarda i termini greci uditi da Malone. Uno di
essi è scritto in maniera errata: quella corretta, nella religione
cattolica significa «consustanziale», riferita a Cristo e al Padre;
quella trascritta da Lovecraft, invece, è tipica dell'eresia ariana
e significa «simile a».
Al
90% si trattò di uno sbaglio. Ma se invece, come ipotizza Pilo (curatore del racconto), fosse stato un errore
voluto, per aggiungere un'ulteriore blasfemia al carico di
peccati dei villains del racconto?
La
vera storia dei villains
Ma
chi sono i peggiori tra questi cattivi? I membri di una comunità di
immigrati che Lovecraft definisce esplicitamente yazidi e che spaccia
per adoratori del diavolo. L'idea gli fu suggerita, pare, dalla
lettura di un racconto pubblicato
su Weird
Tales
nel 1925:
The
Stranger from Kurdistan
di E.
Hoffmann Price (1898-1988),
un autore pulp abbastanza famoso all'epoca, che non solo fu
corrispondente di Lovecraft ma lo conobbe di persona e collaborò con
lui alla storia Attraverso
i cancelli della chiave d'argento.
Anzi, a essere precisi, E.
Hoffmann Price fu forse l'unico, fra i tanti corispondenti di
Lovacraft, ad avere avuto l'onore di conoscere di persona anche
Robert
E. Howard, e Clark Ashton Smith cioé i
«tre moschettieri» di Weird
Tales.
Con
alle spalle due guerre del Golfo, la semplice parola «kurdi» mi fa
sussultare. E gli yazidi sono kurdi, ovvero discendenti
di popolazioni di pastori che abitano da millenni un’ampia regione
situata tra il Caucaso e il Golfo Persico.
Dopo la Prima guerra mondiale, le
nuove frontiere nazionali ostacolarono le migrazioni stagionali,
costringendo la maggior parte dei kurdi ad abbandonare l’allevamento
per l’agricoltura stanziale e altre attività, un fenomeno che
innescò la disgregazione dell’organizzazione tribale.
I kurdi sono in prevalenza
musulmani sanniti, Ma gli yazidi non sono musulmani. Nel
racconto di Lovecraft, essi occupano il gradino più basso, e sono talmente
perversi, pervertibili e pervertiti da essere evitati perfino da
altra gentaglia provenienti da razze sospette come i «siriani».
Ora,
chi sono mai questi yazidi? Sono una popolazione kurda che professa,
appunto, lo yazidismo, una religione che conta più di 4.000 anni,
nella quale sono confluiti, nel tempo, elementi di giudaismo
cabalistico, mitraismo, zoroastrismo, manicheismo e misticismo
islamico. Gli yazidi furono perseguitati per centinaia di anni dai
musulmani, che non riuscirono a convertirli.
La loro roccaforte era
Mossul sul Tigri, ai piedi delle montagne del Kurdistan, un punto di
passaggio obbligato per le carovane che dall'Asia centrale dirette
verso il Mediterraneo e l'Anatolia. Mossul era quindi una preda molto
ghiotta, ma perfino i mongoli di Gengis Khan, che avevano preso
Baghdad in una settimana, dovettero assediarla per un anno intero.
Che
gli arabi non amassero i kurdi yazidi è dimostrato da un proverbio:
: «Tre calamità vi sono al mondo: le locuste, i topi e i kurdi»: i
wahhabiti combatterono gli yazidi in quanto «apostati», mentre i
tradizionalisti sunniti li considerano tuttora «adoratori del
diavolo».
Gli
yazidi rischiarono l'estinzione nel 1892, quando le truppe ottomane
penetrarono nella valle di Lalish (a nord di Mossul) uccidendo
migliaia di abitanti.
Sotto
Saddam Hussein, gli yazidi vennero classificati come «arabi» per
falsare gli equilibri etnici nella regione ma vennero comunque
emarginati dal regime. Dalla caduta di Saddam, nel 2003, i kurdi
richiedono che gli yazidi siano riconosciuti parte del popolo kurdo a
tutti gli effetti. Attualmente in tutto il mondo sono pochi –
800.000 secondo il loro sito
ufficiale,
500.000 secondo altre fonti – la Germania è il paese europeo che
ne ospita il maggior numero: 30.000. La loro nomea di adoratori del
demonio deriva dalla venerazione degli yazidi per Melek Tā'ūs,
(lett. «Angelo-Pavone») un angelo dalle sembianze di pavone.
Gli
yazidi credono in un dio primordiale, la cui azione è terminata con
la creazione dell'universo. Melek Ta'us, invece, è un'entità divina
attiva, in origine un angelo che, dopo la caduta, si pentì e decise
di ricreare il mondo che era stato distrutto. Riempì perciò alcune
giare con le sue lacrime e se ne servì per estinguere il fuoco
dell'Inferno. Accanto a lui esistono alcune divinità minori. Melek
Tā'ūs, però, è ritenuto
dai musulmani uno shaytan,
cioè un «diavolo» che corrompe i veri credenti. spingendoli ad
affiancare altre divinità ad Allah, unico vero dio.
Gli
yazidi si definiscono Dasin;
L'etimologia popolare vuole che il termine «yazidi» derivi dal
nome del califfo omayyade Yazid I (680-683); molto probabilmente,
invece, proviene dal termine pahlavi yazd,
cioè «angelo». I
libri sacri degli Yazidi sono il Libro
della Rivelazione
e il Libro
Nero, il
rituale principale è il pellegrinaggio annuale alla tomba del
maestro ʿAdi a Lalish. La società yazidi ha una struttura
gerarchica con un capo secolare, detto Amīr,
e un capo religioso, detto Shaykh. Ulteriori notizie potrete trovare nei siti seguenti:
E che dire di Red Hook?
Red Hook è una zona di Brooklyn, un quartiere che verso la metà del XIX secolo cominciò a
suscitare l'interesse degli imprenditori: vennero costruiti porti e
gli sbocchi a mare dell'Erie Canal, la via completmente naviganile
che collega l'Oceano Atlantico alla regione dei Grandi Laghi.
Intorno agli anni Venti Red Hook divenne il più importante porto
mercantile del del mondo, ma tutto finì negli anni Sessanta, con
l'avvento della containerizzazione. Oggi
L'Atlantic basin e l'Erie basin, costruiti rispettivamente nel 1841
e nel 1864, restano come testimonianze della storia industriale di
New York.
Red Hook nel 1875 circa |
Negli
anni Trenta la zona era già molto impoverita e sull'area delle attuali
Red Hook Houses sorgeva una di quelle baraccopoli per i senza tetto
chiamate Hooverville.
Rapeleye
Street, importante via di Red Hook, commemora gli esordi di una
delle prime famiglie di Nuova Amsterdam (New York nacque come colonia
olandese), il clan Rapelje, discendenti di Sarah Rapelje, il primo
neonato olandese del Nuovo Mondo,
Nel
1990 la rivista Life definì Red Hook uno dei peggiori
quartieri degli States e la «capitale del crack in America», come
dimostrano le sparatorie tra gang avvenute in quel periodo per
questioni di droga. Nel 2012 il quartiere è stato pesantemente
danneggiato dall'uragano Sandy.
L'IKEA
ha aperto un grande magazzino nel quartiere, sollevando grandi
polemiche perché l'edificio ha rimpiazzato un bacino di carenaggio
dell'Ottocento ancora in uso.
Altre storie
Il
legame tra narrativa e Red Hook non si esaurisce con il racconto di
Lovecraft; numerosi romanzi e racconti sono ambientati nel quartiere
o almeno lo citano:
Nel
racconto breve di Thomas Wolfe Only
the Dead Know Brooklyn,
il narratore (lo stesso Wolfe) prende la metropolitana di notte e
viene invitato da un tizio a non passeggiare pe Red Hook. La novella
è scritta nel «brooklynese» del 1936.
Non
sorprenderà che il quartiere giochi una parte importante in due
crime novel che intitolate proprio Red Hook: quella di
Gabriel Cohen (2001) e quella di Reggie Nadelson (2005)
A
Red Hook è ambientato Memos
from Purgatory
di Harlan Ellison, che Kurt Wonnegut considera uno dei suoi libri
favoriti.
La
spiaggia di Red Hook è una meta importante per i personaggi di City
of Ashes, secondo libro della saga di di Cassandra Clare, che
suppongo di non leggere mai.
Red
Hook fu usata come ambientazione del dramma teatrale di Arthur Miller
Uno sguardo dal Ponte (1955).
Anche
molti film sono ambientati o girati a Red Hook, ad esempio:
Fronte
del Porto (On
the Waterfront)
diretto da Elia Kazan nel 1954, con protagonista Marlon Brando, si svolge nel quartiere, anche se è stato girato a Hoboken, nel
New Jersey.
Nel
1989 Red Hook è stato il setting del film Last Exit to Brooklyn
(Ultima fermata a
Brooklyn) e Mark Knopfler ne ha
scritto l'omonima colonna sonora..
Il
quartiere compare nel film di Bill Murray Quick
Change
(1990) come il luogo poco familiare nel quale i ladri si perdono.
Il
fim indipendente Straight Out Brooklyn
(1991) è ambientato presso i Red Hook Housing Projects.
La
zona di Pier Van Dyke Street (dal n° 41 al 204) fu usata
come setting di una scena del film Hitch, con Will Smith
(2005)
Il
documentario independente A
Hole in a Fence
di D.W. Young (2008) racconta la storia delle alterne fortune di Red
Hook.
Il
protagonista del film I
guardiani del destino
(2011) è cresciuto a Red Hook.
Nel
2012 Spike Lee diresse Red
Hook Summer.
Alan
Moore
usò
i riferimenti di The
Horror at Red Hook
per la sua graphic novel The Courtyard (Il
cortile) che in realtà appartiene al Mito di Cthulhu.
Al
di fuori della fiction, a Red Hook nacque il gangster Joe
Gallo, poi commemorato da Bob Dylan nella canzone Joey:
Born in Red Hook, Brooklyn, in the year of who knows when
Opened up his eyes to the tune of an accordion
Always on the outside of whatever side there was
When they asked him why it had to be that way, «Well,» he answered, «just because.»
Qui è anche vissuto per qualche tempo Al Capone
Born in Red Hook, Brooklyn, in the year of who knows when
Opened up his eyes to the tune of an accordion
Always on the outside of whatever side there was
When they asked him why it had to be that way, «Well,» he answered, «just because.»
Qui è anche vissuto per qualche tempo Al Capone
Infine The Red Hook è il nome di un cocktail.
I veri villani!
Nel racconto, l'autore assegna al detective Malone – che è il «buono» della storia – oltre alle origini irlandesi, un sesto senso «celtico», che gli consente di fiutare i mali, ma soprattutto il Male, di Red Hook. Purtroppo ormai da anni considero «celtico» un termine tabù capace di evocare soltanto feste strapaesane a base di polenta, scontri parlamentari conditi di volgarità, camicie verdi e bevute di acqua di fiume… Se aggiungo la fissazione di Lovecraft per gli immigrati perversi… Che cosa può visualizzare la fantasia di un lettore in vacanza?
Da una parte gli Yazidi, qui mostrati in un'immagine presentata dalla BBC in un articolo sulla difficile situazione delle minoranze in Iraq e in un'immagine del tardo Ottocento
Yazidi men in late 19th century. |
e dall'altra questi personaggi nostrani?
Ora, mi rendo conto che madre natura non è equa nel
distribuire i suoi doni, però, semplicemente confrontando le
immagini, voi chi scegliereste come esemplare di creature tanto rozze e
turbolente, da ispirare simili eccessi:
Credeva
di percepire in loro l'orrida minaccia di una continuità nascosta,
un qualche piano infernale insondabile e primitivo [...] intuiva, che
in qualche modo perpetuavano un culto selvaggio e osceno, retaggio di
pratiche e rituali più antichi dell'umanità stessa.
I
peccati dell'intero universo si erano concentrati lì e, al pulsare
di crescenti ritmi blasfemi, era iniziata la danza macabra della
morte che avrebbe corrotto tutti gli uomini, fino a degradarli a
fungosità giganti, troppo mostruose persino per essere accolte nei
sepolcri.
Mah. Chissà che cosa avrebbe risposto il Gentiluomo di Providence!
1. furono così chiamati gli scrittori, corrispondenti di Lovecraft, che introdussero nelle loro opere elementi tratti dai suoi racconti (i grandi Antichi, località fittizie, libri antichi e misteriosi ecc.)
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