sabato 2 agosto 2008

Riduzione a Icona


Trovandomi in un momento favorevole ai bilanci e alle separazioni (letterarie) ho cercato una destinazione editoriale anche per un’altra opera di fantascienza, scritta a quattro mani con Massimo Citi: Riduzione a Icona (RaI).
Dopo il rifiuto di tre diverse case editrici Massimo e io abbiamo deciso di editare RaI ugualmente, non in forma cartacea ma su un blog creato apposta http://riduzioneaicona.blogspot.com/, al quale vi rimando se siete interessati a sapere di più sul progetto.
Qui mi interessa fare il punto su questa esperienza di scrittura condivisa.Premetto che, ammaestrata da esperienze negative fatte come lettore, in narrativa non soltanto diffido dei cicli ma ho una scarsissima fiducia nelle collaborazioni: è troppo difficile amalgamare due immaginari, due stili e due visioni narrative del mondo al punto da mettere insieme una storia coerente… Da un punto di vista pratico, comunque, si possono utilizzare un paio di espedienti un po’ semplicisti ma efficaci:
primo: i coautori scrivono a turno, ognuno per conto proprio, e soltanto uno, sempre il medesimo, rivede il tutto (credo fosse il sistema di Earle Stanley Gardner, gli autori di Perry Mason); è un buon metodo per mettere insieme una macchina narrativa coerente ma che non consente, a mio parere, di approfondire psicologicamente i personaggi. Con me e con Massimo non funzionerebbe mai: nella vita e sul lavoro collaboriamo da anni con risultati molto soddisfacenti ma ognuno si riserva gelosamente alcuni ambiti. Lui è un ottimo cuoco e cucina quasi sempre; non mi vuole fra i piedi quando spignatta (anche se ogni tanto mi cede benevolmente la cucina con l’aria di dire: “divertiti un po’ mentre il gatto non c’è”). Io guido sempre l’auto, sono un discreto pilota e non tollero consigli mentre guido, anche se sono dispostissima a discutere del percorso migliore da seguire.
Il secondo metodo è quello del romanzo a capitoli alterni: ogni coautore sceglie un personaggio e guarda il mondo rigorosamente e solo attraverso i suoi occhi; i capitoli vengono riletti insieme e si discute di volta in volta dei successivi sviluppi. È un sistema tollerabile, e magari buono, per un romanzo che si svolga in un mondo con coordinate spazio-temporali note, tipicamente nel presente e in un luogo noto a tutti i coautori, ma poco efficace per delineare un Altrove contemporaneamente “alieno e comune a tutti i personaggi, ad esempio un mondo futuro.
Insomma, l’idea di scrivere un romanzo insieme era abbastanza peregrina, ma con la nostra insana passione per le sfide, Massimo e io abbiamo voluto provare ugualmente, adottando una gestione mista tra i due metodi, ovvero un personaggio a testa ma nessun sommo revisore.
Le premesse per un pasticcio narrativo (che purtroppo è tutt’altra cosa da un pastiche letterario) e per un divorzio con figlia contesa c’erano tutti. E io ho cominciato a scrivere pronta a sfidare il consorte a duello se si fosse permesso di correggermi anche soltanto una virgola, o di cambiare il colore della camicia del mio personaggio, o se…
Abbiamo scritto i due primi capitoli (che non sono quelli attuali), li abbiamo riletti, abbiamo discusso di come proseguire, nessuno dei due ha gettato il guanto della sfida o la spugna della rinuncia. La scrittura proseguiva ed è accaduto l’impensabile: è nato un terzo personaggio (un caratterista inventato da lui) che ho trovato molto affine… “posso scrivere qualche pagina dal punto di vista di…” Sì, perché no?
A due terzi dell’impresa (ma ancora non sapevamo di essere già a due terzi) abbiamo discusso amabilmente: “nell’episodio in cui tu scrivevi…. “ “guarda che l’hai scritto tu, quello…” – “dici sul serio?”. Ma allora quando io ho descritto.. No, quello è mio”.
Avevo giurato di non riprovarci più: perché rompere un simile incanto?
Ma l’altro giorno, mentre in montagna contemplavamo l’albergo sbarrato e un gigantesco condominio (creato quando funzionavano ancora gli impianti sciistici) con le finestre sbarrate mi sono ascoltata dire: “ballardiano”. Già. Anche da racconto di fantasmi… Pensa a tutte quelle case vuote.. E se scrivessimo un racconto insieme…?

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