lunedì 27 aprile 2015

Misteriose felci. Terza parte

Parliamo tanto di loro 
Attualmente le Pteridofite vengono considerate una divisione di piante crittogame vascolari a cui appartengono specie usualmente note come felci, equiseti, licopodi e selaginelle.
  • I licopodi
  • Gli equiseti
  • Le felci

Benché siano un gruppo antichissimo, le Pteridofite godono di ottima salute e sono rappresentate da circa 11.000 specie. A differenza delle colleghe più moderne (Gimnosperme e Angiosperme definite con il nome antipatico di “piante superiori”) che producono semi, le Pteridofite si arrangiano diversamente. Ma andiamo con ordine. 
 
Noi felci siam così...
Molte pteridofite possiedono fronde a lamina intera o spesso pennata, provviste di numerose nervature e, nello stadio giovanile, arrotolate all’apice. Ricordate quel grazioso riccioletto in punta alle felci dei nostri sottoboschi? Non esiste per strapparci un “che carine!” ma a causa della crescita più rapida della pagina inferiore delle giovani fronde rispetto a quella superiore; quando le fronde diventano adulte subiscono la vernazione circinnata, che qualunque umano (tranne i botanici) chiamerebbe "srotolamento".

Le foglie portano sulla pagina inferiore parecchi sporangi spesso riuniti in sori. Lo sporangio è talmente importante da consentire di suddividere le felci in due gruppi: eusporangiate e leptosporangiate (se non dovete sostenere un esame di botanica sistematica potete dimenticare  subito questa informazione).

La porzione di pianta che noi vediamo passeggiando nei boschi è costituita dalle fronde, insomma dalle foglie; il fusto è di solito un rizoma sotterraneo, ma – come ormai sappiamo –  nelle felci arboree tropicali cresce all'esterno e può raggiungere dimensioni simili a quelle delle palme.

 

Classificazione

(vale la raccomandazione di poche righe fa).
Un recente articolo scientifico propone, sulla base di dati morfologici e molecolari, la suddivisione delle Pteridofite in 4 classi:

Psilotum nudum
Psilotopsida 
Attualmente sono le piante vascolari più semplici, fatte proprio al risparmio, perfino prive di foglie. 
Lo Psilotum nudum è l'unica specie che vive in Europa (Spagna), le altre specie vivono nelle regioni tropicali e subtropicali. 



Equisetum Fluviatile

Equisetopsida
Sono formate da un unico ordine, le Equisetales, diffuse già alla fine dal Devoniano (395 – 345 milioni di anni fa). Quello di fianco viene chiamato anche Coda Cavallina (il perché è abbastanza evidente). E' diffuso in gran parte dell'emisfero Nord, predilige ambienti umidi, paludosi e ha notevoli proprietà curative: anti- emorragiche, cicatrizzanti, emosta- tiche diuretiche, astringenti e remineralizzanti (contiene fino al 20% di sali minerali, particolarmente di silicio). Un tempo i contadini ne mangiavano i germogli impanati e fritti, oppure conditi con aceto, e lo aggiungevano ai minestroni. Meglio non esagerare, comunque: alcune specie contengono un enzima, la tiaminasi, che disattiva la vitamina B1.
Gli antichi romani mescolavano l'equiseto all'olio d'oliva e all'argilla verde, ottenendone un composto delicatamente esfoliante. Sempre per l'alto contenuto in silicio, molte popolazioni lo usarono per levigare le superfici metalliche. 

Marattiopsida 
Anche questo gruppo ha un solo ordine, le Marattiales; comparse nel Carboniferosi sono separate dalle altre felci molto presto, vivono in ambienti tropicali e sono assai differenti dalle felci che conosciamo nelle nostre zone temperate: hanno un fusto breve e bulboso e fronde più larghe di ogni altra felce, che possono raggiungere la lunghezza di alcuni metri. Questa Marattia salicina vive a Aukland, in Nuova Zelanda
Marattia salicina o Felce del Re

Pteridopsida
Dette anche Polypodiidae, sono il più ampio gruppo di felci viventi: circa 8465 specie. Almeno un terzo di loro sono epifite. La felce  fotografata qui sotto è appunto una felce epifita, detta anche Felce a corna di cervo per le fronde caratteristiche; "epifita" indica una pianta che cresce su un'altra pianta, assorbendo l'umidità dell'aria. La nostra Platycerium presenta una serie di adattamenti interessanti: le fronde basali sono tondeggianti e formano una  lamina spugnosa che aderisce al tronco degli alberi, proteggendo le radici della felce. In alcune specie, il margine superiore di queste fronde forma una coppa in cui si raccolgono acqua piovana e detriti organici. Le epifite non vanno confuse con le piante parassite, come il vischio e certe orchidee,  che traggono sostanze nutritive dalla loro "vittima". 
Se ve lo state chiedendo, NO, l'edera non è una pianta parassita e le sue radici avventizie non intaccano la corteccia della pianta che la sostiene.

Platycerium alcicorne

Ecco, anche questa è fatta. Se troverete (es. su Wikipedia) classificazioni differenti, non preoccupatevi, Lo studio che ho citato è molto recente, la materia resta controversa e i "felciologi" sono appassionati e rissosi.

Ma prima di chiudere questo post n. 3, vi lascio con qualche notizia su una felce molto singolare: Pteridium aquilinum
Ho scoperto i segreti di questa notevolissima felce leggendo Diario di Oaxaca, il bel libro di Oliver Sacks che ho già citato nella prima parte (e recensito qui). Un compagno di viaggio di Sacks l'ha ribattezzata con ragione la "Lucrezia Borgia delle felci". 
Guardatela: bella verde, può raggiungere anche i due metri di altezza e le sue fronde si sviluppano fino a un metro di lunghezza;  sembra una felce tanto per bene, ma ha l'anima perfida di un'avvelenatrice: intanto anche lei contiene la tiaminasi che distrugge la vitamina B1, causando turbe nervose a bovini e cavalli che la mangiano: prima i poveretti perdono la coordinazione e vanno in giro barcollando, poi – se si ostinano a consumarla – cominciano a tremare, hanno le convulsioni e muoiono. Le sue fronde producono cianuro, avvelenando i disgraziati insetti che intendono cibarsene, ma Lucrezia Borgia fa di peggio: è la pianta che contiene la maggior quantità di ecdisoni, ormoni che inducono alterazioni nella metamorfosi o il blocco delle crisalidi prima del termine. Terrificante, vero? Ma non è finita: come ultimo regalo, Felce aquilina secerne una sostanza cancerogena che provoca il tumore allo stomaco.  Orrida ma fantasiosa e, a suo modo, piena di stile!  
Se state pensando che sia una felce tropicale  e che difficilmente la incontrerete siete in errore, Lei è una "specie cosmopolita", diffusa in tutte le regioni temperate e subtropicali, sia nell'emisfero settentrionale sia in quello meridionale; è presente in tutto il territorio italiano, dal livello del mare fino a 2000 metri di altitudine. State in guardia!
  
Pteridium aquilinum

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