La prima avventura
Nel 1870 due naturalisti
britannici, William Benjamin Carpenter e Charles Wyville Thomson
proposero di effettuare uan spedizione per mappare in maniera
sistematica mari e oceani terrestri. Chiesero e ottennero
finanziamenti alla Royal Society e al governo inglese e li ottennero,
perché proprio in quegli anni le prime aziende di telecomunicazioni
progettavano di collegare via telegrafo Europa e Stati Uniti. Per
farlo dovevano stendere dei cavi lunghissimi e quindi conoscere in maniera
dettagliata i fondali marini.
I nostri due eroi ottennero 200.000
sterline con le quali riadattarono a nave laboratorio una ex corvetta
della Royal Navy, la Challenger, lunga 68 metri, che partì
da Porthsmouth nel dicembre 1872 con a bordo 200 uomini di
equipaggio e 6 scienziati. Al ritorno, nel 1876, la Challenger
aveva mappato 130.000 km di oceani, passando per le Americhe, il
Sudafrica, l'Australia, il Giappone, l'Antartide e varie isole di Atlantico e
Pacifico.
La nave trasportò a casa migliaia di casse, vasi grandi e piccoli, fiale e scatole metalliche contenenti campioni sotto alcool e sotto sale; per classificarli tutti occorsero 20 anni di lavoro e vennero individuate 5000 nuove specie abissali.
il viaggio della Challenger |
La nave trasportò a casa migliaia di casse, vasi grandi e piccoli, fiale e scatole metalliche contenenti campioni sotto alcool e sotto sale; per classificarli tutti occorsero 20 anni di lavoro e vennero individuate 5000 nuove specie abissali.
Il vero tesoro portato dalla Challenger furono, però, i dati riguardanti la temperatura e le proprietà chimiche e fisiche di
migliaia e migliaia di prelievi di acqua effettuati a varie profondità.
Il record delle misurazioni venne fissato a -8 km, fra Guam e Palau, nel Pacifico sud-occidentale; in quella zona si trova la maggior profondità marina mai registrata, nella zona sud della Fossa delle Marianne: -11 km; il punto è chiamato abisso Challenger.
Il record delle misurazioni venne fissato a -8 km, fra Guam e Palau, nel Pacifico sud-occidentale; in quella zona si trova la maggior profondità marina mai registrata, nella zona sud della Fossa delle Marianne: -11 km; il punto è chiamato abisso Challenger.
I dati ottenuti da quella
gloriosa spedizione hanno stabilito le basi dell'oceanografia e sono
ancora oggi rilevanti per lo studio del clima e degli oceani.
I membri della spedizione |
La seconda avventura
135 anni dopo, nel XXI secolo, due
oceanografi – Dean Roemmich dello Scripps Oceanography Institute in
California e John Gould del National Oceanography Centre di
Southampton – hanno deciso di ripercorrere il tragitto della Challenger compiendo le medesime misurazioni di allora negli
stessi punti e profondità (circa 300) ma con gli strumenti più
moderni oggi disponibili.
Invece di navigare sui mari gli oceanografi hanno
navigato nella Rete, utilizzando i dati raccolti dai 3000
galleggianti robotici di Argo, la rete internazionale di
osservazione degli oceani varata nel 2000.
Ogni robot è fornito di sensori per la misurazione di temperatura salinità, direzione e forza del vento e delle correnti. Le sonde robotiche possono immergersi fino a 2 km di profondità registrando in maniera continua le proprietà fisiche delle acque, poi riemergono periodicamente e inviano i dati a Giasone, un satellite dedicato. Roemmich e Gould, esaminando le rilevazioni di Argo hanno ripercorso virtualmente la rotta della Challenger confrontando i dati ottenuti con quelli di allora.
Della rete Argo fa parte anche Argo-Italy la componente italiana, che studia in paticolare le acque del Mediterraneo.
profilatore autonomo in emersione |
Ogni robot è fornito di sensori per la misurazione di temperatura salinità, direzione e forza del vento e delle correnti. Le sonde robotiche possono immergersi fino a 2 km di profondità registrando in maniera continua le proprietà fisiche delle acque, poi riemergono periodicamente e inviano i dati a Giasone, un satellite dedicato. Roemmich e Gould, esaminando le rilevazioni di Argo hanno ripercorso virtualmente la rotta della Challenger confrontando i dati ottenuti con quelli di allora.
Della rete Argo fa parte anche Argo-Italy la componente italiana, che studia in paticolare le acque del Mediterraneo.
Aliante sottomarino in grado di trasmettere dati alla superficie |
Il confronto fra i dati
del lavoro pionieristico della Challenger e quelli dello studio di
Roemmich e Gould costituisce una delle basi del quinto rapporto del
Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC-
Intergovernmental Panel on Climate Change), dedicato agli
effetti climatici dei gas serra atmosferici, un'opera vastissima
alla quale hanno lavorato per anni migliaia di ricercatori esaminando
la letteratura scientifica e spaziando dalla Fisica atmosferica
all'Ecologia marina.
Il prossimo post sarà dedicato al rapporto dell'IPCC.
2 commenti:
Adoro questo tipo di post, in cui la Storia finisce a servizio della Scienza.
Bella definizione: "la Storia che finisce a servizio della Scienza". In effetti ci sono moltissimi esempi di studiosi ostinati che sono riusciti a portare avanti un certo tipo di ricerca solo perché si sono trovati a vivere in momenti storici particolari. E' una bella storia anche quella di Julij Michajlovič ŠOKAL′SKIJ, il padre dell'oceanografia russa, che riuscì a studiare l'oceano arruolandosi nella flotta imperiale russa (un anno dopo la partenza della Challenger)e navigò per moltissimi anni, nonostante il mal di mare sofferto durante l'addestramento.
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