Ma cosa scrivi?
Io
lavoro usando le parole, lo faccio da sempre. Prima studiavo usando
le parole, come tutti. Poi, però, per più di quarant'anni ho
insegnato - matematica e scienze - usando milioni di parole e nei
momenti migliori ho avuto la fortuna di riuscire a creare, insieme ai
miei studenti, una comunicazione a doppio canale, invece di una
semplice "lezione". Nel tempo libero, ho usato le parole
per divertimento: questo blog, abbandonato da tre anni, ne è una
testimonianza.
Però
io scrivo anche storie. Non sempre, ma spesso, storie di
fantascienza. Che quasi inevitabilmente, hanno cominciato a comporre
uno scenario comune, anche per i motivi che spiegherò fra poche
righe. Come lettore non amo i cicli, temo la delusione del sequel e
le ripetizioni, quindi non sono partita con un progetto ampio e
delineato, ho semplicemente utilizzato alcuni espedienti già
collaudati e, talvolta, dato una seconda occasione a personaggi che,
in un racconto precedente, si erano rivelati più intensi del
previsto e ancora ricchi di potenziale.
Ora
mi sembra il momento giusto per tirar le fila, o meglio, per
intrecciare i tanti fili che ho lasciato pendere qua e là e per
tappare qualche buco. Potrei farlo in privato, aprendo sul PC un
nuova cartella in cui infilare tutto il "paratesto" già
prodotto. Ne ho già quattro, però, zeppe di sottocartelle. È
una faccenda noiosa, le cose infilate là dentro spariscono in una
parvenza di ordine che maschera la pigrizia.
La
scrittura dell'introduzione all'edizione cartacea di Isola di
passaggio (CS_Libri, 2019) mi ha dato un'idea: rendere le
informazioni basilari del mio scenario accessibili ai pochi che hanno
letto i racconti contenuti nel volume e ai molti che non li hanno
letti. Un modo diverso di ordinare le mie idee e un vincolo contro la
pigrizia.
Introduzione a Isola di passaggio
Le
storie della Nuova Umanità, (in breve dei Nuovi), non
sono parte di un ciclo, piuttosto di uno scenario comune esteso nel
tempo e nello spazio. Ho scritto alcuni racconti – e un paio di
romanzi non ancora terminati – in tempi molto lunghi e senza
seguire un ordine cronologico, con personaggi che talvolta ritornano
ma più spesso sono differenti e vivono a decenni, talvolta secoli,
di distanza. Alcuni vengono ricordati nel futuro come figure quasi
mitiche che hanno lasciato il loro nome a pratiche, luoghi,
tecnologie.
Tuttavia,
come sa chi scrive e chi legge fantascienza, alcuni problemi di
grande peso (primo fra tutti quello del viaggio nello spazio) si
ripropongono nelle varie storie, quindi è più conveniente
risolverli, almeno per sommi capi, una volta per tutte. In
astrofisica non sono una perfezionista, mi basta non scrivere grosse
sciocchezze e potermi concentrare sui personaggi e su alcune
questioni biologiche e geologiche che, data la mia preparazione,
trovo più appassionanti. Quindi, chi cerca temi innovativi sui
viaggi nel tempo, i buchi neri e così via, posi pure questo volume.
Gli
altri, spero che si accontenteranno di velocità sub-luce all’interno dei sistemi solari e wormhole individuatidagli umani ma NON generati da loro.
I miei umani del futuro per imboccarne uno devono raggiungere
una frazione significativa della velocità luce e chiamano, anzi
chiameranno, questa esperienza andare al Nero.
Le
origini di questo
scenario sono qui e ora, nel nostro presente economicamente
post-globalizzato e socialmente intollerante, assediato dai
mutamenti climatici e dai conflitti. Un presente nel quale chi si spintona per
mangiare i piatti di uno chef stellato e chi si augura semplicemente
di riuscire a mangiare, vive in mondi paralleli e lontani, entrambi
lontanissimi dal mondo esclusivo dove poche decine di umaniinsieme possiedono più
del 50% della ricchezza disponibile.
Coordinate
spazio-temporali più precise non sono necessarie, i mondi della
Nuova Umanità fanno parte di un universo speculativo che mi
auguro non sia quello che attende i nostri figli e nipoti. Come tutti
i futuri della fantascienza, anche questo deve restare abbastanza
indefinito da consentire esplorazioni narrative collaterali.
Chi
gradisse maggiore precisione può consultare la mappa inserita alla
fine di queste poche pagine.
Torniamo
alla fine del xxi
secolo; il processo di colonizzazione, al quale collaborano numerosi
Paesi, è diretto dal BEM (Bureau of External Mankind), un'emanazione
delle Nuove Nazioni Unite (ONNU) incaricata di garantire la
salvaguardia dei coloni, difendere i loro diritti ed evitarne lo
sfruttamento. Disponendo di pochi mezzi economici, il BEM appalta i
suoi compiti a enti privati che fanno capo a Multinazionali.
Accantonati
i troppo costosi e troppo lunghi progetti di terraformazione del
Pianeta Rosso, la prima Cupola Marziana, nata con scopi scientifici,
diviene prevedibilmente un piccolo mondo autosufficiente base
permanente per lo sfruttamento del pianeta e degli asteroidi
maggiori. A seguire l’individuazione e lo scavo di alcuni piccoli
asteroidi anomali ricchissimi di metalli rari, che vengono
ricollocati, cioè messi in grado di ospitare temporaneamente i
coloni. Questi piccoli mondi temporanei, su decisione dell’ONNU,
vengono battezzati con il cognome di un Premio Nobel per la Pace:
rispettivamente Desmond Tutu, Rigoberta Menchù-Tum e Shrin Ebadi.
I
Nuovi sono i migranti del xxii
secolo, un gruppo
molto variegato, diviso in due grandi categorie: i Semplici (altrove
li chiamerò Regolari) e i Talenti. I primi sono persone in cerca di
nuove occasioni e scopi, gli altri sono un'umanità diversa.
I
Piccoli Talenti sono individui abbastanza simili a noi ma con una
marcia in più: empatici
preziosi
in mondi coloniali affollati e pieni di tensioni, rapidi
dotati
di tempi di reazione più brevi dei regolari e capaci
di
prevedere lo sviluppo nel tempo e nello spazio di più azioni
contemporanee,
pastori
orientati
a salvaguardare il benessere di un gruppo di persone, lemuri
in
grado di vivere senza difficoltà in ambienti a gravità
ridotta, claustrofobici
e poco illuminati evitando decalcificazione ossea e depressione…
Accanto
ai Piccoli Talenti dall’aspetto e dal comportamento «regolare»,
migra nelle colonie spaziali un piccolo numero di individui dal
profilo genetico fortemente alterato: i Grandi Talenti, comunemente
definiti gli Strani, spesso portatori di handicap psicofisici,
inadatti a vivere su Terra ma forniti di caratteristiche che,
opportunamente stabilizzate da interventi chirurgici, li rendono
particolarmente adatti al lavoro nei siti minerari, come le mummie,
ipovedenti autistici con olfatto e tatto ipersviluppati, rochi,
dall’udito che si estende molto oltre le
capacità umane e oscuri, varianti rarissime dai
talenti misteriosi che trascorrono il loro tempo, a bassa temperature
e al buio, interfacciati ai server quantistici di nuova generazione.
L’origine
degli Strani – ufficialmente attribuita ad alterazioni genetiche
prodotte dall’accumulo di scorie radioattive e di rifiuti tossici
nelle zone più povere di Terra, tra la fine del xx
e la metà del xxi
secolo – è oggetto di polemiche e resistenze da parte della Lega
dei Semplici, intimorita dalla possibile deriva sociale e genetica
dei Nuovi ed eticamente contraria allo sfruttamento degli Strani. Non
mancano gruppi più radicali, convinti che il BEM abbia creato gli
Strani in laboratorio per farne schiavi genetici privi di tutela.
I
talenti degli Strani li rendono nettamente distinguibili dai Regolari
e, non di rado, soggetti a disturbi psicofisici che complicano il
loro inserimento nella società terrestre. Per evitare la loro
discriminazione, il BEM ne favorisce l’immigrazione nelle colonie
dove potranno mettere a frutto le loro preziose peculiarità a
beneficio di tutti. Un modo raffinato e definitivo per aiutare i
Grandi Talenti «a casa loro».
I
difficili rapporti con la madrepatria e con le Consociate cui sono
appaltati servizi e attività minerarie rendono necessaria la
continua rinegoziazione delle condizioni di ingaggio: i diritti
umani, a maggior ragione quelli dei Nuovi Umani, non sono mai
conquistati una volta per tutte, vivere là fuori richiede una
buona dose di immaginazione per risolvere situazioni nuove e
impreviste e per imparare a essere diversamente umani.
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